Il caso della scrittura
È noto che i ragazzi stranieri, anche dopo molti anni di permanenza in Italia, continuano a incontrare difficoltà scolastiche. Queste difficoltà non sono state però sistematicamente analizzate e diversificate relativamente ai singoli aspetti dell’apprendimento. Il presente lavoro trae spunto dalla raccolta di dati avvenuta in occasione della recente standardizzazione di una Batteria per esaminare lo specifico caso della scrittura e confronta i riscontri raccolti attraverso 15 diverse misure di successo nella scrittura che hanno interessato circa 3.000 ragazzi della Scuola secondaria di II grado, di cui un gruppo di studenti nati all’estero. Viene confermato che i ragazzi stranieri presentano difficoltà diffuse di scrittura, ma esse sembrano interessare soprattutto la competenza ortografica (con una particolare difficoltà nella scrittura di accenti e doppie), mentre sono meno evidenti nell’espressione scritta e nel grafismo. Queste difficoltà non sembrano imputabili a un problema generale di apprendimento incontrato da questi ragazzi inseriti nel contesto scolastico italiano, dal momento che sono scarsamente presenti in una prova che riguarda il mondo del numero.
Il difficile cammino degli studenti stranieri nella scuola italiana
Il cammino degli stranieri non si conclude con l’arrivo in Italia dal Paese di provenienza, ma ha inizio all’interno dell’istituzione scolastica, che rappresenta il loro primo vero incontro con il Paese di accoglienza, dove incontrano delle difficoltà legate ai loro bisogni linguistici, comunicativi e di integrazione socio-culturale. In Italia, negli ultimi anni, in seguito all’aumento dell’immigrazione, si osservano classi sempre più multietniche. Secondo le ultime indagini relative all’a.s.2015/2016 del MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Marzo 2017), quasi 815.000 sono le alunne e gli alunni con cittadinanza non italiana presenti nelle scuole italiane, dall’infanzia alla secondaria di II grado, rappresentando il 9,2% del totale della popolazione scolastica.
All’interno di quest’ultima percentuale si può fare un’altra distinzione tra gli alunni stranieri non nati in Italia (4%) e alunni stranieri nati in Italia (5,2%) che risultano in percentuale maggiore. Tuttavia nella scuola secondaria di secondo grado, questo dato risulta capovolto, infatti, gli studenti stranieri non nati in Italia risultano in percentuale maggiore rispetto a quelli nati in Italia (5,4% contro 1,6%).
La distinzione fra studenti di famiglie straniere nati rispettivamente in Italia e all’estero corrisponde ad una fondamentale classificazione che è stata presa anche in considerazione dalle proposte normative su cui è attualmente aperto il confronto politico circa le condizioni per poter ottenere la cittadinanza italiana.
Occorre tuttavia precisare che altre distinzioni possono essere fatte. Per esempio, si possono distinguere tre gruppi principali di alunni stranieri. Il primo gruppo è formato dalla cosiddetta “seconda generazione” che fa riferimento sia ai minori giunti dall’estero in età prescolare sia ai nati in Italia. Dal punto di vista giuridico essi sono stranieri fino alla maggiore età, in seguito alla quale potranno richiedere la cittadinanza italiana, ma sono italiani de facto. Il secondo gruppo comprende i minori non accompagnati, coloro che sono giunti in Italia da soli e sono privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti legalmente responsabili. Per questi alunni, la legge prevede norme specifiche. Le condizioni di vita dei minori non accompagnati sono segnate spesso da difficoltà, miseria e vessazioni; la necessità di produrre reddito immediato impedisce a molti la possibilità di un progetto per sé e di inserimento dignitoso che richiedono tempo, tutela e risorse (Giovannetti, 2008).
Il terzo gruppo, quantitativamente più numeroso, è formato dai ragazzi arrivati in Italia a dodici anni e oltre, in seguito al ricongiungimento familiare, in base al diritto, riconosciuto agli stranieri residenti in Italia con regolare permesso di soggiorno, di riacquistare l’unità familiare. Per loro sono state coniate le definizioni di generazione 1.5 (Portes e Rumbaut, 2001) e di in-between generation (Crul, 2000), per sottolineare il loro percorso a metà strada fra il contesto di origine e il luogo di accoglienza. Numerosi studi europei (Education at a Glance 2012; OECD Indicators; Rete europea Eurydice; Rapporto annuo MIUR sugli alunni di cittadinanza non italiana) evidenziano da tempo una condizione di vulnerabilità educativa e di difficoltà scolastiche importanti che connotano il cammino d’integrazione dei minori stranieri. I soggetti più “vulnerabili”, dal punto di vista scolastico, risultano essere i minori appartenenti al terzo gruppo, ovvero coloro che sono nati all’estero e sono giunti in Italia ad anno scolastico già̀ iniziato o avanzato e che rischiano di perdere mesi importanti di scolarità (Favaro e Papa, 2009).
In genere gli alunni immigrati hanno in comune la ridotta conoscenza dell’italiano, ma le loro situazioni individuali sono diverse per: caratteristiche personali, esperienza scolastica precedente, situazione linguistica attuale, grado d’integrazione del bambino straniero e della famiglia nel contesto sociale. Le dinamiche che interessano i figli di migranti (Colombo, 2010) sono, infatti, diverse a seconda dei casi, del tempo trascorso nel Paese, ma soprattutto della qualità dell’esperienza di integrazione. Senza dubbio, le decisioni e i percorsi intrapresi dai genitori migranti condizionano l’esperienza dei figli (Ambrosini, Bonizzoni, Caneva, 2010).
Risulta evidente come sia indispensabile effettuare un’adeguata valutazione dei bisogni educativi speciali che tenga conto delle caratteristiche individuali dell’alunno straniero come: le capacità cognitive, l’età, la motivazione, il livello d’autostima, ecc. (Ianes e Cramerotti, 2005). In particolare, l’età d’arrivo del minore immigrato ha una grande influenza. Infatti, se il bambino non ha sviluppato una competenza da parlante nativo almeno in una lingua, l’apprendimento di una seconda lingua porterà a dei rallentamenti sull’apprendimento in generale (Cummins, 1984).
Risulta inoltre molto importante considerare il tipo di lingua appresa nei primi anni dall’alunno, in quanto, tra prima lingua appresa (L1) e italiano (L2) ci possono essere dei rapporti positivi o negativi: quando le due lingue sono molto diverse, la lingua materna può creare delle interferenze negative (le regole della L1 possono essere trasferite alla L2 provocando degli errori); al contrario, se i due codici sono simili, la prima lingua può aiutare ad acquisire la seconda poiché permette di fare delle ipotesi corrette sulla L2 (Pallotti, 1998). Infatti, la maggior parte delle ricerche segnala come l’apprendimento linguistico della L2 sia facilitato quando L1 e L2 hanno un sistema ortografico simile (Muljani et al., 1998).
Un altro dato importante nell’acquisizione di una L2 riguarda le variabili soggettive e oggettive. Secondo la teoria della valutazione emotiva dell’input definita Stimulus Appraisal Theory (Schumann, 1999; 2004), l’allievo giudica l’input rapportandolo sempre ai propri desideri e bisogni. Non sempre questi ultimi, però, coincidono con gli obiettivi e i contenuti che l’insegnante seleziona per l’attività̀ didattica; si può̀ creare cioè̀ un divario tra bisogni oggettivi (carenze linguistiche, necessità di rafforzamento di alcune abilità, difficoltà nel metodo di studio, ecc.) che l’insegnante individua nelle prime fasi di avvio di un corso, e bisogni soggettivi, legati invece sia agli interessi degli alunni sia alla loro percezione circa le proprie competenze linguistiche e non.
La presenza di alunni stranieri richiama immediatamente l’attenzione sugli aspetti linguistici, ma questa dimensione non esaurisce l’argomento in quanto i problemi e bisogni di questi alunni sono anche di altra natura. Spesso l’interazione iniziale con una cultura diversa è difficile poichéé porta con sé disorientamento, mancanza di punti di riferimento e senso di inadeguatezza. A tal proposito, Oberg (1960) coniò il termine di “shock culturale” per definire l’esperienza di chi arriva in una società sconosciuta e deve ricostruire le norme, le aspettative, i valori e tutte le conoscenze condivise e date per scontate.
Tale fenomeno può risultare più evidente nei minori giunti in Italia, quando già avevano appreso una loro lingua, tramite l’adozione internazionale, che rappresentano un’altra categoria di alunni stranieri presenti nelle scuole italiane, i quali presentano bisogni educativi e didattici diversi da quelli dei minori stranieri che sono in Italia con le loro famiglie. Quello di questi minori adottati non è soltanto un salto culturale, ma è qualcosa di più, è un cambiamento esistenziale drastico che ha alle spalle vissuti per la maggior parte dolorosi.
Precedentemente parlando di immigrati è risultato evidente come la storia personale di sofferenza e difficoltà incida sullo sviluppo di determinate abilità nell’alunno straniero. Meno palese, invece, è la comprensione del vissuto dei bambini adottati, che porta all’esistenza di due Paesi, due culture, due mondi di appartenenza: uno di origine (per lingua nativa, tratti somatici) e uno di accoglienza (per cognome e talvolta anche per il nome). Cecilia Edelstein (2010) parla di “migrazione invisibile” nel descrivere l’esperienza dei bambini adottati-stranieri, i quali portano nella nuova famiglia un mondo culturale destinato a celarsi per aprirsi completamente a quello della famiglia adottante.
Il caso degli studenti della scuola secondaria di secondo grado
Nell’ultimo decennio l’iscrizione degli studenti stranieri alla scuola secondaria di secondo grado è aumentata in seguito alla progressiva stabilizzazione di gran parte della popolazione immigrata e con il progressivo passaggio al successivo grado di istruzione degli alunni non italiani che avevano frequentato le scuole di base.
Nel 2015/2016 gli studenti stranieri presenti nella scuola secondaria di secondo grado si approssimavano all’incirca a 188.000, con un aumento di appena lo 0,1% rispetto al 2014/2015. Tuttavia, prendendo in considerazione le tendenze di lungo periodo si può notare che l’afflusso di studenti stranieri in questo ordine di scuola è, in percentuale, superiore a quello degli altri gradi d’istruzione. Infatti, in dieci anni, dall’ a.s. 2006/2007 all’ a.s. 2015/2016, gli studenti degli istituti secondari di II grado sono cresciuti dell’82%, a confronto con un valore del 45% nella scuola secondaria di I grado, del 56% nella scuola primaria e del 76% nella scuola dell’Infanzia (Rapporto MIUR, 2017).
Nel febbraio 2014, il MIUR ha effettuato la revisione delle “Linee guida per l’accoglienza e per l’integrazione degli alunni stranieri”. Tale modifica si è resa necessaria in quanto il quadro normativo ha subìto dal 2006 ad oggi modifiche importanti e per il fatto che il fenomeno dell’immigrazione ha assunto una diversa configurazione.
Tra i fenomeni di maggior rilievo vi è l’aumento di studenti stranieri iscritti nella scuola secondaria di secondo grado, come già discusso sopra, dove si prevedono nei prossimi anni le maggiori criticità.
A livello nazionale, infatti, gli studenti italiani in ritardo nella frequenza scolastica sono circa il 10,5% contro il 32,9% degli studenti stranieri, osservando i singoli ordini scolastici si nota che: la distanza a sfavore degli studenti stranieri nella percentuale dei ritardatari (cioè degli studenti la cui età anagrafica è maggiore di quella degli studenti regolari in ciascuna classe) è di 11 punti percentuali nella scuola primaria (1,8% contro 13,2%), di 29 punti percentuali nella secondaria di I grado (6,6% contro 35,4%) e di circa 40 punti percentuali nella secondaria di II grado (21,9 % contro 61,3%).
Inoltre, nell’iscrizione alla scuola secondaria di II grado, gli studenti stranieri scelgono prevalentemente percorsi formativi a carattere tecnico-professionale più di quanto non lo facciano gli studenti italiani. Nell’a.s. 2015/2016 l’incidenza percentuale degli studenti stranieri nei tre percorsi di secondaria di II grado è uguale al 12,4% negli istituti professionali, all’8,2% negli istituti Tecnici e al 3,9% nei Licei (MIUR, 2017). I dati mostrano che gli studenti stranieri hanno desiderio e speranza di proseguire gli studi oltre la secondaria di I grado, ma è innegabile il divario tra studenti italiani e stranieri nella scelta (oltre che nella regolarità) degli studi. I ragazzi stranieri, come abbiamo visto, scelgono in larga maggioranza percorsi di studi più brevi, meno impegnativi e chiaramente orientati al mondo del lavoro.
L’orientamento predominante verso l’istruzione superiore a carattere professionalizzante si verifica anche quando gli alunni stranieri ottengono all’esame di terza media risultati uguali a quelli dei compagni italiani. Sulle scelte degli studi dopo la terza media possono incidere diversi fattori: in primis le attese e i progetti familiari e, in secondo luogo, la conoscenza della lingua (Favaro e Napoli, 2005). I genitori stranieri sono spesso poco informati sulla varietà delle scuole superiori in Italia, e si ritrovano orientati verso un percorso scolastico che consenta ai figli di avere un diploma professionalizzante in un tempo limitato. La competenza linguistica in italiano degli studenti stranieri arrivati in Italia per ricongiungimento familiare, può presentare ancora aree di difficoltà, e questa condizione spinge i ragazzi verso una formazione a carattere più pratico e meno astratta e verbale.
In sintesi, il quadro generale relativo agli studenti di famiglie straniere, in particolare di quelli nati all’estero, rivela che alle Scuole Secondarie di II grado scelgono percorsi meno impegnativi e presentano maggiori difficoltà rispetto agli studenti italiani. Tuttavia le informazioni disponibili non sono particolarmente accurate e riguardano aspetti generali del successo scolastico, senza soffermarsi su aspetti specifici. In particolare, per quanto c’è noto, nessuno studio ha mai esaminato il caso delle abilità di scrittura di studenti nati all’estero. Abbiamo tenuto presente di una ancora imperfetta padronanza della lingua italiana negli studenti stranieri, anche se tipicamente esposti a diversi anni di scolarizzazione italiana, sia per il fatto che comunque l’italiano è per loro una L2 con i problemi associati (Murineddu, Duca & Cornoldi, 2006), sia per il fatto che molto spesso in famiglia si parla ancora la lingua straniera. Abbiamo pertanto ipotizzato che essi avrebbero potuto presentare cospicue difficoltà ortografiche soprattutto per gli aspetti ortografici più complessi per gli adolescenti (come è il caso di accenti e doppie, Cornoldi, 2015). Minori difficoltà avrebbero dovuto essere invece riconosciute per la capacità di espressione scritta e soprattutto per la fluenza grafica, visto che questi aspetti (pur comunque influenzati dalla competenza ortografica) riconducono anche ad altre competenze cognitive, quali la capacità espressiva e le abilità visuomotorie (Cornoldi, 2015).
La nostra indagine
La nostra indagine ha valutato in quali aspetti della scrittura sono maggiormente svantaggiati i ragazzi nati all’estero. Questi ragazzi sono stati confrontati con un gruppo di studenti italiani nella serie di misure di scrittura previste da una nuova batteria per il biennio della Scuola Secondaria di II grado, traendo spunto dall’occasione della sua standardizzazione. Una misura di controllo di tipo matematico legata alla sensibilità numerica ci ha permesso di vedere se le difficoltà di scrittura sono specifiche o rientrano in una generale difficoltà di apprendimento.
Popolazione esaminata
La presente indagine è stata svolta a partire dalla standardizzazione delle nuove prove MT-Avanzate-3 (Cornoldi, Pra Baldi e Giofrè, 2017) che ha coinvolto un totale di 3875 studenti di prima e seconda classe di numerose scuole secondarie di II grado, appartenenti a diversi indirizzi scolastici (Licei, Istituti Tecnici e Istituti Professionali) e provenienti da diverse zone d’Italia. Per il presente studio sono stati esclusi i soggetti con diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, disabilità intellettiva, funzionamento intellettivo limite; inoltre sono stati esclusi gli stranieri nati in Italia perché difficilmente attribuibili in modo chiaro all’uno o all’altro dei due gruppi che abbiamo voluto confrontare. In questo modo il campione si è ridotto a 3715 studenti, di cui 3583 italiani e 131 stranieri. Tutti gli stranieri sono nati all’estero e in famiglia parlano una lingua diversa dall’italiano.
Nello specifico, tra gli italiani, 1900 frequentano la classe prima (959 maschi, 941 femmine) e 1683 la classe seconda (831 maschi, 852 femmine). L’età media del campione è di 14.71 anni (DS= 0.80). Nel sottogruppo di studenti stranieri, 70 frequentano la classe prima (21 maschi, 49 femmine) e 61 la classe seconda (16 maschi, 45 femmine). L’età media del campione è di 15.91 anni (DS= 1.09).
Gli studenti stranieri provengono da diversi stati: Marocco, Moldavia, Albania, Romania, Ucraina, Filippine, Egitto, Brasile, Repubblica Domenicana, Grecia, Perù, Somalia, Costa d’Avorio, Senegal, Congo, Cina, Ecuador, Colombia, Camerun e Iran. A causa dell’eterogeneità di provenienza, non è stato possibile raggrupparli per aree linguistico-culturali né è stato possibile raggrupparli in riferimento al numero di anni di scolarizzazione in Italia, visto che la standardizzazione non aveva previsto la raccolta di questa informazione in modo sistematico, anche se le informazioni disponibili riportano che la gran parte degli studenti interessati aveva almeno 5 anni di scolarizzazione italiana. Considerando la provenienza degli stranieri, compatibilmente con la disponibilità dei dati, emerge che il continente più rappresentativo è l’Europa dell’Est con il 55,93% seguito dall’Africa con il 23,73%.
Le prove e la loro procedura di somministrazione
Per esaminare i diversi aspetti della scrittura nel gruppo degli studenti italiani e in quello dei nati all’estero, sono state utilizzate alcune prove tratte dalla nuova batteria di Prove MT Avanzate-3-Clinica per il biennio della scuola secondaria di II grado (Cornoldi et al., 2017).
Le prove sono state somministrate collettivamente all’intera classe durante l’orario scolastico. La durata complessiva di somministrazione delle prove è stata di circa 60 minuti per classe.
Prove di valutazione della componente ortografica
Nella prova di Dettato di brano, l’esaminatore detta un brano ad alta voce facendo attenzione a non dare spiegazioni su vocaboli o frasi che possono risultare di difficile comprensione. Il testo è di una certa complessità dovuta soprattutto alla bassa frequenza d’uso di alcuni vocaboli e alla sintassi, risultando quindi adatto alla specifica fascia di età considerata. Per l’attribuzione del punteggio, si considerano il parametro Totale errori (1 punto per ogni parola scritta scorrettamente) e le tre sottocategorie di errori: errori fonologici in cui non è rispettato il rapporto tra fonemi e grafemi, errori non fonologici ovvero gli errori nella rappresentazione ortografica (visiva) delle parole, ed errori di accenti e doppie. Inoltre, va conteggiato il numero di parole omesse; se le omissioni sono pari o superiore al 15% delle parole dettate, la prova deve essere invalidata.
La prova di Dettato di parole consta di 8 liste di parole, 4 per la fase A e 4 per la fase B per un totale di 112 parole, che variano per lunghezza (bisillabiche vs multisillabiche) e frequenza (alta vs bassa frequenza) e sono ricavate dal Corpus e Lessico di Frequenza dell’Italiano Scritto (CoLFIS, http://www.istc.cnr.it/grouppage/colfis). La prova di Dettato di non-parole è costituita da 4 liste di parole senza senso, 2 per la fase A e 2 per la fase B per un totale di 56 non-parole ricavate permutando l’ordine sillabico di un sottoinsieme delle parole costituenti le liste precedenti. È importante informare lo studente che ogni non-parola viene letta due volte dall’esaminatore e non è prevista la ripetizione della non-parola da parte del ragazzo, in modo da coinvolgere anche l’aspetto della memoria fonologica. In queste prove viene annotato per ciascuna lista il numero degli errori compiuti, assegnando 1 punto a ogni parola scritta in modo errato, omessa o non completa.
Prove di valutazione della componente grafo-motoria
Tali prove hanno l’obiettivo di valutare non solo la leggibilità della scrittura, già ricavabile dagli altri protocolli, ma anche la velocità nella realizzazione dei pattern grafo-motori richiesti. Nella Velocità di scrittura di “le” viene chiesto agli studenti di scrivere ripetutamente la sequenza “le” in corsivo, possibilmente senza staccare la penna dal foglio; nella Velocità di scrittura di numeri in lettere, invece, il compito consiste nello scrivere i numeri in parola, a partire dal numero uno. In entrambe le prove, lo studente ha un minuto di tempo a disposizione. La valutazione di queste prove si basa sul conteggio del numero di grafemi scritti.
Prova di valutazione della capacità di produzione scritta
La prova prevede la descrizione di un’immagine a colori, avendo a disposizione 5 minuti e un massimo di 10 righe. Sono previste due immagini differenti in base alla classe considerata, di complessità crescente e con elementi disposti su più livelli. L’immagine per la classe 1a rappresenta dei bambini che giocano e l’immagine per la classe 2a raffigura delle persone in un mercato coperto; entrambe le foto sono state scattate in un contesto particolare, presumibilmente sconosciuto ai ragazzi esaminati.
La correzione della prova prevede una valutazione di tipo quantitativo, basata sul numero delle parole scritte dallo studente e sulla percentuale di errori ortografici, e una di tipo qualitativo in cui si attribuisce un giudizio globale al testo prodotto, in relazione alla completezza e precisione delle idee espresse dallo studente, su una scala a cinque punti: da 1 (del tutto insoddisfacente) a 5 (del tutto soddisfacente). Inoltre, è previsto un giudizio sul grafismo da parte di due giudici indipendenti attraverso una valutazione del tratto grafico in termini di leggibilità; anche in questo caso è utilizzata una scala a cinque punti: da 1 (grafia del tutto illeggibile) a 5 (grafia perfettamente leggibile). Va osservato che, per quanto si possano usare indicatori quantitativi della qualità del grafismo, il giudizio globale sul grafismo resta la procedura più informativa soprattutto se ne viene controllata l’affidabilità attraverso la concordanza con un secondo giudizio indipendente (Cornoldi e al., 2017).
Prova di competenza numerica
La prova di Competenza numerica ha lo scopo di misurare l’abilità di stima delle grandezze e calcolo approssimativo piuttosto che l’abilità di conteggio o calcolo analitico. Per questo motivo la prova si divide in due brevi unità della durata rispettivamente di 1 minuto e 3 minuti, e bisogna fare in modo che, nel tempo disponibile, il ragazzo arrivi a rispondere a tutte o quasi le domande. Il punteggio alla prova è definito dal numero complessivo di risposte corrette date.
Analisi dei dati
Il confronto tra i due gruppi è stato svolto sulle seguenti variabili: dettato brano (errori fonologici, errori non fonologici, errori di accenti e doppie, errori totali, omissioni), dettato parole (errori totali), dettato di non parole (errori totali), scrittura “le” (numero di grafemi), scrittura numeri in lettere (numero di grafemi), produzione scritta (numero di parole, percentuale di errori, giudizio qualitativo al testo prodotto, giudizio sul grafismo da parte del 1° giudice e del 2° giudice), competenza numerica (numero di risposte corrette).
Un primo confronto è stato svolto utilizzando un’analisi della varianza multivariata (MANOVA) su tutte le variabili dipendenti sopra elencate e con il gruppo (italiani vs. stranieri) come variabile indipendente. Successivamente, per una analisi più nel dettaglio, sono stati svolti e riportati tutti i confronti sulle singole variabili effettuati tramite t-test, adottando un α critico di .05 e applicando una correzione di Bonferroni per confronti multipli (15 confronti), per cui l’α critico effettivamente applicato è stato di .003.
Il confronto più importante, tuttavia, non è sulla significatività delle differenze tra i gruppi, ma sulla loro entità. Per questa ragione è stato riportato anche un indice di dimensione dell’effetto, e in particolare il “d” di Cohen. In accordo con i tradizionali cut-off per l’interpretazione del d di Cohen (Sawilowsky, 2009), si può interpretare un d attorno a .20 come una differenza “piccola”, un d attorno a .50 come una differenza “media”, un d attorno a .80 come una differenza “ampia”, un d attorno o superiore a 1.20 come una differenza “molto ampia” (i valori vanno intesi come valori assoluti).
I risultati
È stato possibile svolgere l’analisi multivariata solo sugli studenti con osservazioni complete su tutte le variabili, ossia 2229 studenti (2152 italiani e 77 stranieri). Come ci aspettavamo, emerge una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi a livello multivariato, Pillai’s trace = .10, F(15,2213) = 17.20, p < .001.
Come mostra la tabella 1, in quasi tutte le variabili i ragazzi nati all’estero presentano difficoltà significativamente maggiori rispetto ai ragazzi italiani, ma la dimensione dell’effetto – misurata attraverso la ‘d’ di Cohen – cambia in base alla prova considerata. Essa, infatti, è particolarmente alta nel Dettato di parole, resta alta anche nel Dettato di brano (si noti l’elevata difficoltà nel caso di doppie e accenti) e nel Dettato di non parole, si riduce nella percentuale di errori nella Produzione del testo. Per quanto riguarda la velocità di scrittura, le differenze sono molto più basse, soprattutto nella velocità di scrittura di numeri.
È opportuno osservare che nella prova di Produzione del testo i ragazzi nati all’estero usano meno parole e ottengono un giudizio qualitativo un po’ più basso, ma con una differenza minore (nei confronti dei ragazzi italiani) rispetto all’ortografia. Ciò può essere giustificato considerando che, essendo una competenza che richiede non solo conoscenza della lingua ma anche capacità ideative ed esecutive, la differenza fra i gruppi risulta comunque minore. A sua volta la minore difficoltà ortografica ivi manifestata può essere dovuta al fatto che, nello scrivere un testo, i ragazzi scelgono parole che conoscono bene e ritengono di saper scrivere correttamente.
La difficoltà dei ragazzi nati all’estero tende a ridursi considerevolmente nella prova di Competenza numerica in cui la loro prestazione non si discosta in modo significativo dal gruppo degli studenti italiani, quando viene considerata la correzione di Bonferroni per il numero di confronti.
Conclusioni
È noto che i ragazzi stranieri, anche dopo molti anni di permanenza in Italia, continuano a incontrare difficoltà scolastiche (Murineddu et al., 2006). Queste difficoltà non sono state però sistematicamente analizzate e diversificate relativamente ai singoli aspetti dell’apprendimento. Il presente lavoro trae spunto dalla raccolta di dati avvenuta in occasione della recente standardizzazione delle Prove MTAvanzate-3-Clinica (Cornoldi et al., 2017) per esaminare lo specifico caso della scrittura e i riscontri raccolti attraverso 14 diverse misure di successo nella scrittura che hanno interessato circa 3000 ragazzi della Scuola secondaria di II grado.
I risultati hanno confermato che i ragazzi stranieri presentano difficoltà diffuse di scrittura, ma esse sembrano interessare soprattutto la competenza ortografica (con una particolare difficoltà nella scrittura di accenti e doppie, variabile che in effetti costituisce la misura di competenza ortografica più sensibile nei ragazzi grandi, Re & Cornoldi, 2015), ma con diversificazioni, visto che sono più alti nel Dettato e soprattutto con le parole. La differenza nei valori della dimensione dell’effetto fra parole e pseudoparole conferma, sia pur in misura meno clamorosa, l’effetto riscontrato da Murineddu e colleghi (2006) per cui i problemi sono più evidenti nella lettura di parole che nella lettura di nonparole, ma mostrano che –nel caso della scrittura- il problema è ben presente anche con le nonparole (v. anche Palladino, Bellagamba, Ferrari & Cornoldi, 2013).
Il valore più basso riscontrato per la competenza ortografica nel caso della produzione scritta è coerente con l’ipotesi che i ragazzi in difficoltà cercano di evitare di scrivere parole per le quali non si sentono sicuri (Cornoldi, 2015), ma anche in questo caso compare comunque una debolezza dei ragazzi stranieri, mentre le differenze sono meno evidenti nella qualità dell’espressione scritta e nel grafismo, dove le abilità linguistiche pesano in misura minore. Va tuttavia osservato che in tutti gli aspetti della scrittura i ragazzi stranieri sono più deboli. Queste difficoltà tuttavia non sembrano imputabili a un problema generale di apprendimento incontrato da questi ragazzi inseriti nel contesto scolastico italiano, dal momento che sono scarsamente presenti in una prova che riguarda il mondo del numero.
In sintesi, la presente indagine illustra per la prima volta in modo sistematico le difficoltà di scrittura di ragazzi della Scuola secondaria di II grado nati all’estero. Il quadro appare abbastanza chiaro e coerente, ma ovviamente costituisce una prima approssimazione che andrà poi verificata e approfondita da indagini più precise e puntuali. L’indagine risente infatti di diversi limiti, molti dei quali riguardano la diversa finalità per cui i dati erano stati raccolti e cioè la standardizzazione di nuove prove, finalità per la quale questi dati erano addirittura stati esclusi, in modo da avere dati normativi su un campione di studenti italiani. In particolare le analisi da noi svolte non hanno potuto tenere conto di una serie di variabili importanti, quali la lingua di origine, il grado di integrazione della famiglia con la cultura e la lingua italiana, gli anni di scolarizzazione in scuole italiane, il tipo di scuola frequentata. Pur con tutti questi limiti i risultati ci paiono importanti e meritevoli di una riflessione.
Cesare Cornoldi, Alvaro Pra Baldi, Doriana Tripodi e Elisabetta Morelli
Articolo scritto per “Dislessia”
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